martedì 2 aprile 2013

COMITATO AMMINISTRATORE DELLA CASSA: PEC GRATUITA PER TUTTI GLI ISCRITTI.

Nota del Consigliere della Cassa - Enpaia  dei Periti Agrari      Mario Braga


Il Comitato Amministratore della nostra Cassa, su Proposta della Commissione Lavoro, il 26 marzo ha deliberato di assegnare agli iscritti la PEC gratuita.

L'obbligo per i professionisti d'essere muniti di questo strumento di comunicazione certificato e la necessità di una moderna, tempestiva e costante comunicazione fra la Cassa e gli Iscritti trova nella delibera la piena attuazione.

Il diffuso utilizzo della PEC ENPAIA favorirà u risparmio i carta e costi di spedizione che saranno riutilizzati per altre iniziative di coinvolgimento e sensibilizzazione diffusa sul territorio nazionale.

E' certamente un ulteriore servizio che la cassa offre ai propri iscritti.

Il Consigliere ENPAIA Mario Braga


Allegato intervento di Modena
INCONTRO 28 MARZO 2013


COMITATO PARI OPPORTUNITA’ – CUP

Camera di Commercio Modena

Nell’introdurmi al tema di questa giornata di confronto, lasciatemi esprimere i miei sinceri ringraziamenti all’Arch. Anna Taddei per aver organizzato questo evento. Alla nostra Collega Letizia (Lotti), nostra attiva e appassionata rappresentante del CPO, e alla collega Manuela (Solieri) che da modenese mi ha sollecitato a partecipare a questo primo appuntamento di genere.
Le categorie tutte le categorie sono chiamate, soprattutto in questo tempo, ad un di più di dialogo e collaborazione per affermarsi quali soggetti sociali di un nuovo modello di società.

La Cassa Periti Agrari è giovane, sta ancora muovendo i primi passi, nasce infatti nel 1996.

“Gli iscritti all’Albo dei Periti Agrari e dei Periti Agrari Laureati che esercitano attività autonoma di libera professione senza vincolo di subordinazione, anche sotto forma di collaborazione coordinata e continuativa, ancorché svolgano contemporaneamente attività di lavoro subordinato,o altre attività di lavoro autonomo di diversa natura


SONO OBBLIGATORIAMENTE ISCRITTI così come previsto dall’art. 1 del D. Lgs 103/96 alla Gestione Separata …. “

Una Cassa che oggi conta 3223 attivi. Di questi 245 sono donne e 2978 uomini.

Le donne professioniste sono pari al 7,60 %.

Le iscritte professioniste del Nord sono maggiori di quelle del Sud.

Non tragga in inganno questa limitata percentuale di professioniste, di genere femminile, perché è andata gradualmente ma costantemente aumentando e nel contesto del comparto agricolo si stanno affermando, nonostante una forte caratterizzazione al maschile.

Del resto chi opera nei comparti agricoli (il settore ambientale professionalmente sta emettendo i primi denti) sa che storicamente le professioni intellettuali devono operare in una condizione di confine indefinito fra “Servizi” e “Prestazioni”.

I servizi, figli di un monopolio offerto dalle Organizzazioni Professionali Agricole e del Sistema Cooperativistico, hanno storicamente marginalizzato le qualità professionali dei nostri iscritti, di tutti gli iscritti.

Sino agli anni ottanta, mentre i Paesi più sviluppati d’Europa andavano applicando politiche di professionalizzazione e di sviluppo delle imprese agricole, in Italia si perseguiva il solo processo di sviluppo che, forse, qualcuno pensava avrebbe trascinato anche la crescita professionale degli addetti. Inoltre nella Comunità Europea andava affermandosi il principio delle liberalizzazioni e della distinzione fra rappresentanza e servizi, rappresentanza e prestazioni.

Non solo, L’Italia ancora figlia di una lettura antistorica dell’agricoltura di “presidio territoriale” e conservazione dei modelli gestionali (famiglia diretto coltivatrice), perseguiva e perpetuava un modello di servizi all’agricoltura gratuiti o di basso costo e di scarso livello qualitativo. Ne ha sofferto l’offerta e il modello di Assistenza Tecnica, Professionale e di Servizi d’Eccellenza. La Stessa Unione Europea nella PAC ha più volte inserito e finanziato “Azioni” di formazione e assistenza tecnica propedeutica alla crescita professionale delle imprese agricole.

Il tutto eroso e degradato da uno sproporzionato aumento della burocrazia.

Questi fenomeni connessi alle dimensioni e all’organizzazione agricola delle imprese agricole e agro alimentari (vedi anche dati Censimento agricolo 2010) ha favorito un modello gestionale fondato sulla famiglia diretto coltivatrice, governata da uomini.

Solo nell’ultimo decennio la presenza femminile nelle imprese, nel commercio agricolo, nei servizi e nelle prestazioni nel settore agricolo è andata aumentando, affermandosi per qualità e innovazione.

Il quadro generale dell’agricoltura ha interessato e influito anche sulle professioni intellettuali.

Non possiamo non rilevare che di fronte a 3223 iscritti alla Cassa, gli iscritti all’Albo sono circa 17.000. Chi esercita, pertanto, è pari a circa 19 %.

Il dato può essere letto con miopia ritenendolo figlio della debolezza professionale, oppure con serena concretezza, ritenendolo un sintomo di disponibilità e attesa.

L’iscrizione abilita all’esercizio della libera professione.

Credo che un’altra considerazione che può aiutarci a guardare oltre le congiunture e i vincoli di un tempo giocato in difesa, è quella che attiene alle fasce reddituali degli iscritti.

Più del 55 % degli iscritti alla Cassa Periti Agrari e Periti Agrari Laureati, dichiara un reddito netto inferiore a € 10.000 e solo meno del 17 % dichiara un reddito netto oltre i 40.000 Euro.

Affondando ulteriormente la nostra analisi dobbiamo constatare che più di 1000 iscritti alla Cassa svolgono attività nel settore Assicurativo (Periti Grandine).

Ed infine più del 50 % svolgono almeno una doppia attività (Agricoltore/professionista, dipendente Organizzazioni professionali/professionista, insegnate/professionista).

Da questi, pur brevi rilievi, emerge che la nostra Cassa svolge contestualmente un duplice ruolo di Cassa del “primo pilastro” (previdenziale) e di Cassa “complementare” di secondo pilastro.

La nostra è una Cassa istituita con Decreto Legislativo 103/96 e, come sapete, è totalmente fondata sul sistema contributivo.
Dal 2012 abbiamo approvato il nuovo regolamento confermando l’impianto del precedente, ma apportando alcune integrazioni che rafforzano una più vasta applicazione del principio previdenziale.

I nostri iscritti versano obbligatoriamente un contributo soggettivo pari al 10 % del reddito netto. L’iscritto ha la facoltà di scegliere, ogni anno se versare un contributo soggettivo maggiore (Opzione dal 12 al 30 % del reddito netto).

Il nuovo regolamento ha confermato il contributo integrativo al 2%, prevedendo, però, la possibilità di deliberare l’aumento dello stesso, così come normato dalla legge Lo Presti. Questo in considerazione che la nostra Cassa essendo “innestata” in un'altra Cassa (l’ENPAIA) ha un costo digestione fra i più bassi d’Italia (circa € 120,00 ad iscritto).

Nota dolente, pur avendo dimostrato una sostenibilità pari a 50 anni, così come previsto dal Decreto Fornero, siamo stati “costretti” a modificare la tabella dei Coefficienti di trasformazione del montante dei contributi soggettivi in pensione.

Il coefficiente ha subito una diminuzione, per coloro che sceglievano di andare in pensione dopo il sessantaseiesimo anno di circa lo 0,4 %.

La nostra Cassa, oltre alla sostenibilità, può vantare anche una solidità mobiliare avendo un fondo di riserva superiore al 15 %.

Un fondo che va aumentando consistentemente anno dopo anno in quanto il Governo con la legge 335/95 impone una rivalutazione rigida dei montanti frutto della media del PIL degli ultimi cinque anni. Nel 2010 - 1,79 %; nel 2011 - 1,62 %; nel 2012 - 1,13% e nel 2013?

Navigheremo nelle vicinanze dello 0 %.

Il PIL, come sappiamo, nel 2013 sarà decisamente negativo.

Se il tasso di rivalutazione lo compariamo al tasso d’inflazione possiamo rilevare che i nostri montanti sono annualmente erosi.

In quattro anni, considerando la proiezioni del 2013, potremmo aver perso circa il 8 %...

Dovremmo allora chiederci se la legge Lo Presti (possibilità di utilizzare parte dei contributi integrativi per rivalutare il montante) aveva la finalità di favorire il risanamento e il rafforzamento delle Casse “provate”, oppure se è stato un occulto strumento per giustificare l’erosione dei montanti degli iscritti di tutte le Casse.

Pensando male, senza peccare, potremmo pensare che questo risponde ad una logica strumentalmente utile all’infausto tentativo dell’INPS di inglobarci.

Infausto per tutto il sistema previdenziale italiano e non solo per le nostre Casse.

Questo è il punto che più di altri dovrà impegnare le nostre categorie nel richiedere al Ministero della Previdenza Sociale e del Lavoro, la corretta interpretazione della legge 335/95.
Non meno rilevanti sono gli articoli del nostro nuovo Regolamento che prevedono che: “Il Comitato Amministratore ha facoltà di erogare provvidenze agli iscritti in costanza di rapporto assicurativo, al coniuge e ai loro familiari considerati fiscalmente a carico, che vengono a trovarsi in particolari condizioni di bisogno, determinate da circostanze o da situazioni di notevole gravità”.

Un articolo questo che nel recente passato poteva essere interpretato come nota eufemistica da parte di chi continua a considerare le categorie intellettuali privilegiate e ricche.
Dai dati degli osservatori e degli Ordini e Collegi tutto questo è facilmente confutabile, con dati oggettivi di evidente sofferenza di molti professionisti. La crisi, e le condizioni politico amministrative del nostro Paese, hanno rallentato e in alcuni casi bloccato processi di crescita e sviluppo.

Dati che per la nostra categoria assumono un valore più elevato vista la diffusa crisi, anche strutturale, della filiera agricola.
Potremmo divulgarci oltre nel rilevare le criticità di un modello che ci vede espropriati della centralità del nostro ruolo professionale (basti ricordare che non esiste e non è mai esistito in Italia un Tavolo di riconoscimento della funzione dei liberi professionisti), ma mi fermo qui nella recita di un rosario delle cose che non vanno diffusamente conosciuto. In questi giorni e nei passati Governi le professioni intellettuali non sono mai state consultate.

Il nostro è considerato dal decisore pubblico un parere “debole”.
Torniamo alla nostra Cassa e a quei principi riformatori che dovrebbero fissare, affermare e attuare il giusto riconoscimento delle specificità di genere.

Inseguo pertanto il futuro perché, come sappiamo, il presente riserva alle professioniste un unico riconoscimento: la maternità.

Ed è partendo da questa potenzialità generatrice che possiamo constatare come la previdenza, soprattutto quella privata, soffra di inadeguatezza e di ritardi.

Cinque mensilità indennizzate all’ 80 %, fatto salvo il minimo INPS (€ 1.188,20), sul quale viene calcolata la ritenuta d’acconto del 20 %, non sono adeguate a garantire l’assolvimento del ruolo di mamma, mantenendo le prerogative e la funzione professionale.

Adeguare questi parametri integrandoli con i principi di assistenza permanente potrebbe avvicinare l’Italia ai Paesi con modello previdenziale e assistenziale più maturi.

Il maggior impegno finanziario potrebbe essere ricaricato senza particolari onerosità sul contributo integrativo.

Ma vi sono anche altre funzioni “familiari” che dovrebbero essere riconosciute alle donne. Non possiamo non riconoscere che l’assistenza agli anziani ricade frequentemente sulle donne. Senza questa sensibilità e attenzione il nostro modello di assistenza alla terza e quarta età deflagrerebbe.

La riflessione potrebbe allargarsi alle provvidenze straordinarie riconoscendo quegli elementi qualificanti “le famiglie” e la centralità delle donne nell’attuarli.

Potremmo anche incominciare a pensare a forme di previdenza che riconoscano la “impossibilità temporanea” a svolgere le proprie funzioni professionali per gravi motivi familiari.

Riflessione che, ampliando i riconoscimenti femminili, dovrebbero essere valutati nel contesto dei regolamenti e dei bilanci delle singole Casse. Io penso che la possibilità di attuare questo principio ci sia. La forma va approfondita.

Ed infine spostandomi un poco dalla questione “femminile”, e avvicinandomi a quella delle pluri-accennate, qualche volta minacciate, riforme del sistema previdenziale lasciatemi esprimere il mio personale disappunto sul metodo e sul merito della/delle proposta/e.

Sul metodo.

Nessuno di noi è talmente impreparato dal non aver capito che l’INPS è in difficoltà a garantire la sostenibilità “lunga” della previdenza. Per affrontare questo tema i Governi hanno sempre tentato di percorrere la via breve, quella impositiva. Il confronto pubblico ha sempre difettato.

Nel Merito

La patrimonializzazione dell’INPS è “insufficiente – inesistente” a garantire il sistema previdenziale pubblico, lo sappiamo, lo sanno tutti.

Le pensioni ai pensionati, in INPS, le pagano i lavoratori attivi e non i rendimenti dei patrimoni, ma questo non giustifica, ne legittima i continui e reiterati tentativi di “deviare” le nostre Casse nell’unico calderone dell’INPS. Nell’azione di resistenza e di proposta alternativa al Governo e al presidente dell’INPS, messo in atto dalle Casse Private, rilevo quale punto di criticità un difetto di coordinamento e di raccordo. Dobbiamo pur avere il coraggio di riconoscerlo.

In tal senso non sono mancate alcune significative iniziative ma sono rimaste limitate e circoscritte nel tempo e nello spazio.

Oggi questo tema sta “ri-maturando” e le Casse Private, le nostre Casse, dovranno attrezzarsi per impedire che una visione stolta e corta riesca nel tentativo di trascinarci nell’unico “bollitore” nazionale.

Siamo Casse che rispondono alle attese dei nostri iscritti, gestendo le risorse dei nostri iscritti.

Siamo Casse che restituiscono agli iscritti i contributi da loro versati, gestendoli nel quadro di iniziative mobiliari e immobiliari che determinano nel nostro Paese occasioni di crescita e sviluppo generale.

Siamo Casse che applicano le “regole” e che rispondono alle “regole” con controlli Ministeriali.

Siamo Casse Private che hanno concorso a sostenere il Paese in questo momento di particolare difficoltà.

Certo se riuscissimo nel progetto di coordinarci, senza avventurarci, in tempi brevi, in iniziative di fusione, avremmo fatto quei passi in avanti che ci permetterebbero di scambiarci informazioni ed esperienze, sino ad addentrarci in qualche servizio ali iscritti comune.

Nessun alpinista ha conquistato gli ottomila metri senza bombole senza le esperienze fatte da altri che li hanno preceduti. Mi fermo qui.

Concludo rinnovando il ringraziamento al CPO (Comitato pari Opportunità del CUP di Modena) per aver organizzato questa opportunità d’incontro su temi che nei prossimi mesi impegneranno profondamente le nostre Casse.



Mario Braga

pt/2013/gmt/03

1 commento:

  1. Ottima iniziativa speriamo che non si fermino solo alla PEC ma che diano un aiuto concreto a noi giovani professioni per acquisto delle attrezzature di lavoro. Salut Graziano

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libertà ma nel rispetto