martedì 21 giugno 2011

LETTERA APERTA SUL RINNOVO DEL CONSIGLIO NAZIONALE di Mario Braga

Abbiamo ricevuto dal collega Mario Braga " la lettera aperta sul rinnovo del CNPA" che di seguito con piacere pubblichiamo.
Il collega Braga non è nuovo a queste inizitive propositive di confronto e di dibattito. Uno stimolo costante nel tempo nella ricerca di essere al passo con la modernità per una professione che è in un difficile momento.
Una iniziativa che può essere condivisa o no, ma che ha di positivo nuove idee e progetti sui quali fare delle riflessioni .......dopo un ventennio oscuro e agonizzante per il nostro domani professionale.
C'è il coraggio e la forza di guardare oltre, di dire quello che si vorrebbe fare, di mettere in discussione nuovi progetti che non sono ovviamente esaustivi ma momenti di avvio di un nuovo modo di porci in futuro. E' un invito ai giovani a non demordere, a essere artefici del loro domani senza deleghe in bianco.
Come collega e amico ringrazio Braga per il suo continuo, determinato e passionale impegno e auspico che soprattutto i giovani colleghi professionisti siano attivi nel contribuire a dare la svolta definitiva.
Piermaria Tiraboschi  ( un ex giovane con la passione)


LETTERA APERTA

Per Agr Mario Braga


Largo Piamarta, 2/4

25025 MANERBIO (BS)

E-Mail studiodebra@hotmail.it

Cell. 335 5954187

Manerbio, 20/06/2011


Oggetto: lettera aperta sul rinnovo del CNPA.


Cari Colleghi

dopo un lungo silenzio, che mi ero imposto, subissato dalle numerose sollecitazioni in merito alla gestione della nostra categoria, torno ad esprimere alcune miei personali considerazioni.

Innanzitutto voglio precisare che, pur fra reiterati tentativi di trascinarmi sul terreno di una faziosa, quanto inopportuna ed inutile diatriba personale col Presidente Nazionale, le mie espressioni sono libere da qualsiasi condizionamento.

Ed è una libertà, la mia, che sgombra dalla tentazione di “ritornare” nel CNPA, riesce a meglio ordinare il pensiero che vado esprimendo. Pensiero che non ha la presunzione di essere assoluto o di voler impropriamente interpretare e sintetizzare quello degli altri.

Ma da iscritto all’Albo dei Periti Agrari e Periti Agrari Laureati mi sento il dovere di liberare le mie considerazioni e di renderle pubbliche.

Un dovere che dovrebbe essere radicato in ciascun iscritto. Che dovrebbe, cioè, appartenere al quel principio di “partecipazione” e di “corresponsabile gestione” che sono i pilastri della solidità di ogni categoria.


Ho deciso di scrivere questa mia, quando in seno al CRPA (Consiglio regionale dei Periti Agrari e Periti Agrari Laureati della Lombardia) mi sono sentito richiamare pasati atteggiamenti strumentali, personali, non lineari e incoerenti che avrei vissuto in seno al CNPA. Atteggiamenti talmente “amorfi” che dopo un decennio ancora evocano una qualche attenzione, anche se contrastata.

Un vero peccato che tali richiami non vengano proposti portando sottobraccio i verbali, gli interventi, i documenti, i testi pubblicati e non, e la memoria di tutti quei Consiglieri che con me hanno avuto l’avventura di rappresentare, forse indignitosamente, la nostra categoria.

Ho deciso così in quella memoria così artatamente e strumentalmente deformata di “alzare” la voce affinché questi sgangherati atteggiamenti non prevalgano sull’orizzonte che appartiene al nostra categoria.

Ed allora.

Quando si legge una storia … la storia più che ventennale della nostra categoria, occorre recuperare quello “stile”, quello spessore che i “vecchi” Periti Agrari hanno dimostrato nel rappresentare la nostra categoria. Ricordo Aluisetti, il suo vice l’indimenticabile Seclì e il Segretario Parpani, e tutto il CNPA, che di fronte al pulsare di voci intraprendenti, giovani hanno pensato di farsi da parte.

Ma penso in particolare al Presidente Benvenuti una delle poche “persone” che annovero fra i “gentiluomini” che ho incontrato. Dichiarò d’essere il Presidente di transizione e così fu. Dopo un solo mandato decise di tornare a svolgere il proprio qualificato e professionale ruolo di libero professionista.

E’ da lì che è incominciata l’era dell’assistente tecnico Perito Agrario Andrea Bottaro.

Un’era tanto lunga da appartenere alla cronaca e alla storia della nostra professione.

Un ventennio che si presta alla lettura chiara e incontestabile di vittorie e sconfitte subite. Scusate ho sbagliato l’ordine … delle sconfitte subite e delle marginalissime vittorie ottenute.

Un tempo, così ampio, che ci pone comodamente di fronte ad un grande schermo a vedere ciò che è avvenuto in questo passato remoto e recente.

E la prima immagine che mi compare davanti agli occhi è la condizione costante di regressione della nostra categoria nel contesto nazionale di dinamiche di evoluzione, cambiamento e riforme dei sistemi istituzionali, scolastici, professionali ed economico sociali.

La nostra categoria ha perso terreno, pur avendo a propria disposizione condizioni particolarmente favorevoli. E questo è, a mio parere, ancor più colpevole.

Sto pensando a tutti quegli eventi che richiamano, evocano, la centralità di “qualità” del vivere che non possono prescindere dall’ambiente, dall’agricoltura e dagli alimenti. Non possono, cioè, prescindere dalla nostra professione.

Dopo vent’anni siamo ancora qui ad inseguire progetti che senza testa ne coda propongono fusioni categoriali coinvolgendo eventualmente anche le rispettive casse, lasciando fuori dalla porta l’inrinviabile e urgente azione di legittimazione e affermazione del nostro ruolo sociale, professionale ed economico.

Siamo ancora qui, nel 2011, con le stesse norme del 1991.

Siamo ancora qui incolpando caso mai il Bersani di turno di irresponsabili “lenzuolate” scagliate contro il sistema ordinistico e tariffario italico.

Fatta salva la circostanza che percorrendo il lungo e in largo questo Paese, il nostro, non ho ancora trovato un solo professionista che mi abbia spiegato quanto ha perso in termini economici con le riforme bersaniane e formigoniane.

O se davvero nell’espletamento della professione, i nostri colleghi, applicavano con qualche coerenza il tariffario sia in diminuzione che, eventualmente, in aumento.

Non è, forse, che se le categorie intellettuali si ponessero un po’ meno sulla difensiva delle proprie prerogative “pubbliche” e si proponessero più sul piano del “progetto sistemico” di un nuovo modello professionale, forse, oggi, saremmo, sarebbero, un po’ più credibili e diverremmo, diverrebbero così co-pratogonisti delle dinamiche politico istituzionali italiane.

Un salto di qualità forse troppo alto per chi anziché alzare lo sguardo lo trascina su un terreno da troppo tempo melmoso.

Ancora siamo qui con un Ordinamento, il nostro, che potrebbe essere, oggi, proposto in qualche Paese in via di sviluppo. Ma ho la certezza che anche in questi contesti di mondi diversi verrebbe velocemente riformato.

Forse, al di la dei meeting, convegni (congressi) nazionali, per il nostro CNPA il pensiero “internazionale” che ha permeato e ibridato la cultura e la civiltà del nostro Paese altro non è che un parente emigrato cinquant’anni fa in cerca d’avventura.

Non so voi, ma osservando i “lavori” dei miei colleghi, non solo del Nord, ma anche del Sud, quelli che svolgo io e quelli delle altre categorie libero professionali e leggendo l’elenco delle nostre competenze mi sento oggi più figlio di una marginalità tecnica che non di una modernità intellettuale.

Così come scorrendo l’elenco degli articoli del tariffario avverto di avere qualità esplorative limitate. Le troppe funzioni e competenze nuove non trovano nel nostro tariffario traccia, lo ripeto traccia o definizione,.




In questi vent’anni abbiamo perso il rapporto con le istituzioni sia nazionali che regionali (fatto salvo qualche caso positivo). Del resto anche le “resistenze” romane nel riconoscere i momenti decisionali diffusi e partecipati sono un fastidioso quanto nauseate ritornello.

Le Assemblee Nazionali dei Presidenti non hanno mai deliberato niente.

I Bilanci sono poco più che la sintetica somma di rendiconti associativi.( n.d.r. mai resi pubblici!!!)

I Congressi, termine improprio, non possono avere tale definizione in quanto momento non deliberante, non coinvolgente tutti gli iscritti (fatta salva la forma la sostanza è sotto gli occhi di tutti). Non determina visibilità e coinvolgimenti Istituzionali tali da renderne necessaria l’organizzazione.

I livelli regionali, che per il CNPA sono bocciofile o associazioni ludiche, da vent’anni sono in attesa che “qualcuno” le riconosca. Altri, le Regioni il riconoscimento operativo degli Ordini e dei Collegi lo hanno già fatto da tempo.

Del resto, forse un occhio più attento si sarebbe accorto che molte delle scelte che attengono all’esercizio della nostra professione “escono” proprio dalle sedi regionali.
Possiamo affermare che siamo talmente attenti agli eventi che risultiamo essere distratti perfino di fronte a Riforme Costituzionali.

Ma si sa pensare ad una categoria che è rappresentata da espressioni regionali, di tutte le Regioni, potrebbe richiedere ben altri modelli gestionali.

Così come mantenere l’attuale organizzazione dei Collegi Provinciali, anche quando le oggettive condizioni gestionali lo rendono difficile, forse serve a mantenere un modello elettorale che agevola i professionisti, con poca professione.

Va da se che anche un’autoregolamentazione di mandato a termine per le cariche di Presidenza, può essere utile alla CISL, alla CGIL, alla Confindustria, alla Confartigianato, ai sindaci e ai Presidenti delle Province, ma non alla nostra categoria.

Amo ripetere che un Presidente, io lo sono stato, diventa dopo due mandati, schiavo e padrone della situazione. Diventa cioè difficilmente amovibile. Si eternizza, oltre le età pensionistiche.

Non voglio con questo mettere in discussione lo spirito di servizio di ogni nostro Presidente e/o Consigliere. Penso solo ad un modello di ricambio che mantenga la locomotiva accelerata nella sua corsa.

Spostandomi un poco, non intendo in questa mia richiamare quanto avvenuto in sedi giudiziarie, che hanno visto la nostra categoria e la nostra sede coinvolti.
Penso però ad un Codice Deontologico che dovrebbe essere demandato nella sua piena e coerente applicazione ad un arbitro esterno (tre avvocati indicati dal Ministero competente). Forse l’arbitrarietà di valutazione, nonché, la troppa prudenza o la preoccupazione di ledere qualche collega (fors’anche amico) rende difficile, inadeguata la gestione “interna” del Codice Deontologico.

Tutti noi sappiamo che chi intacca i PRINCIPI del Codice Deontologico mina alle fondamenta la nostra professione.

Ma guadare a processi evolutivi della categoria non può limitarsi alla sola lettura dei contesti e all’adeguamento dei nostri modelli gestionali e normativi.

Volgere lo sguardo al futuro significa, anche, attrezzare una categoria affinché, nella legittima rappresentanza e nel rispetto dei recinti normativi, riesca ad offrire a ciascun iscritto supporti e servizi che lo aiutino a penetrare il suo territorio. Che lo supportino nell’affermarsi in quel quotidiano intriso di complessità e di novità.

Se mi giro un poco indietro, anche su questo tema, ritrovo ampie discussione e fiumi di proposte che sono in gran parte naufragate nei meandri di un’assoluta e inadeguata regia nazionale.

Proposte impantanate in quelle proposte e costituzione di organismi fini a se stessi (Fondazione, l’altro CAA  ....n.d.r.  COGEPAPI  ecc.).

Su questo tema non intendo espandere la mia riflessione essendo troppo vasto.

Posso solo portare il dato di iscrizione alla nostra Cassa che fotografa puntualmente la quantità e la qualità dell’esercizio della libera professione.

Sono certo che una diversa politica categoriale porterebbe ad un aumento di iscritti e ad un aumento di fatturato degli stessi.

A questo proposito è doverosa una sottolineatura. Una diversa e più concreta azione nazionale, raccordata alle realtà regionali, avrebbe favorito un processo di promozione propedeutico all’implementazione di servizi altamente qualificati.

E con questi servizi, la categoria avrebbe avuto strumenti per affermare in tutte le sedi pubbliche e private la propria credibilità diventando, anche, interlocutrice della politica regionale e delle scelte gestionali delle Province. (luoghi di riferimento principali all’esercizio della nostra professione)

Da molto, forse troppo, continuo a ripetere che il nuovo sistema ordinistico non può limitarsi alla mera “tutela” giuridica delle nostre prerogative professionali. Lo vado ripetendo da trent’anni, anche in quelle sedi in cui ho trovato una diffusa sordità.

Il mondo procede ad una velocità elevata e questo richiede che i Collegi diventino protagonisti dei tavoli istituzionali.

Si affermerebbe così il nostro “ruolo rappresentativo, propositivo e rivendicativo”.

Potremmo diventare interlocutori di quei luoghi decisori che ogni giorno approvano leggi, norme e regole che ci coinvolgono direttamente.

Queste azioni possiamo promuoverle da soli, oppure favorire una stagione di collaborazioni con quelle categorie a noi affini.

E se qualcuno mi spiega che le condizioni lo rendono improponibile o difficile, rispondo che basta regredire di qualche mese per ritrovare azioni concertate fra il nostro Collegio e l’Ordine degli Agronomi.

Un tempo, di recente passato, forse agevolato dalla comunanza di visione fra la nostra Presidenza e la loro (rimossa).

L’autorevolezza delle interlocuzioni si costruiscono con la pazienza delle qualità che sanno affermarsi in ogni luogo nei quali si esprime.

Ed allora io credo che questo è il tempo per chiudere una stagione vissuta col freno e avviarne una dinamica col piede e sull’acceleratore.

Il mio augurio che in queste elezioni si chiuda definitivamente una stagione e se avvii una nuova, promossa da professionisti che sanno assumersi le responsabilità e i pesi di un progetto condiviso e negoziato con tutti i colleghi Periti Agrari.

Libero da ogni tentazione di occupazione della sede nazionale.

Ecco! … Su queste premesse e su questi temi sono pronto a qualsiasi confronto.

Non mi interessano le questioni personali e personalistiche di chi la nostra categoria forse la usa per propri fini.

Mi interessa un dialogo e un confronto diffuso che possa addentrarsi anche in aspetti particolari, che si affondi nei temi di merito che avvolgono il nostro operare.

Una relazione con chiunque abbia a cuore il presente e il futuro della nostra straordinaria, inimitabile e irripetibile categoria.

So che in questo sforzo non sono solo e che molti con passione vogliono offrire la propria sensibilità e professionalità per cambiare una condizione ingessata.

So che diffusamente sul territorio, proprio in questo periodo, si susseguono dibattiti ed incontri che producono documenti dai contenuti di solida qualità.

Mi auguro che questi documenti diventino il programma di chi si candiderà al cambiamento del nostro CNPA.

Se queste voci, tutte queste voci, sapranno squarciare le nubi addensatesi da vent’anni sulla nostra categoria forse riusciremo a recuperare il sorriso illuminati da qualche raggio di luce.

Se queste voci, tutte queste voci, sapranno diventare armoniche la nostra categoria potrà riavviare un percorso di valorizzazione di una modernità che assume carattere di centralità nel contesto della nostra società, italiana ed europea.

Questo è il tempo di chiudere una stagione arrivata al suo capolinea e aprirne un’altra.
Spero di trovare tutti voi e ciascuno di voi, attrezzati di moderni strumenti, in quel campo (la nostra categoria) che insieme siamo chiamati a dissodare e riseminare.

Con vive cordialità

Mario Braga

1 commento:

  1. Questa lettera è un libro aperto, pieno di concretezza, speranze e di spirito di libertà. Si vede proprio che in Lombardia siete proprio tutti amici. Nessuna polemica con gli attuali componenti del CNPA, della regione, e nello stesso tempo il "ritiro" di un eventuale nome di Braga. Fossero tutti così gli aspiranti consiglieri e gli ex non saremmo nel pantano di ora. Ora forza, cari veneti dovete fare i nomi solo voi....ciao Roberto

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libertà ma nel rispetto