martedì 23 marzo 2010

LAUREA BREVE, PROBLEMI CON L'ACCESSO AGLI ALBI PROFESSIONALI

Laurea breve.
Problemi con l'accesso agli albi professionali.

Criticare la riforma del 3+2 negli ultimi tempi è diventato come sparare sulla Croce rossa. È troppo presto per fare un bilancio, però bisogna ammettere che al di fuori degli atenei l'accoglienza riservata alle lauree triennali è piuttosto freddina. Anzi, potremmo dire che non si perde occasione per impallinare la riforma.

L'ultimo fronte riguarda l'iscrizione agli albi professionali.

Appena cinque mesi fa quasi 335 mila giovani sono arrivati alla laurea di primo livello e si sono guadagnati il fatidico titolo di “dottore” . Il 3+2 è stato innegabilmente un successo da due punti di vista: ha aumentato il numero di laureati e ha ridotto la durata dei loro studi. Oggi ci si laurea in media a 27 anni e oltre la metà degli studenti si laurea in corso (175 mila su 335 mila).

Ma quale futuro aspetta questi neo-dottori quando si lasciano alle spalle la soglia della facoltà?

Gli esperti di mercato del lavoro (e anche i primi dati sulle assunzioni) confermano che i laureati triennali sono visti come “super-diplomati”. Personale altamente specializzato in una materia, ma al quale manca la piena formazione e la maturità che ci vogliono per assumere responsabilità direttive . Se la maturità si può acquisire col tempo (ricordiamo che un laureato triennale in corso esce dall'università a 21/22 anni), per la formazione è necessario sudare ancora qualche anno sui libri. È il paradosso di una riforma che veniva propagandata come il definitivo avvicinamento dell'università alle esigenze produttive delle imprese.

Le cose non vanno meglio nel settore pubblico. Una recente circolare del Ministero della Funzione Pubblica, infatti, stabilisce che i laureati triennali non possono partecipare alle selezioni della Scuola superiore della pubblica amministrazione, e quindi non possono ambire alla dirigenza.

L'ultima tegola riguarda l'accesso al mondo delle professioni.

È vero che gli ordini professionali sono un'invenzione tutta italiana, è vero che – almeno in linea di principio – favoriscono il diffondersi di comportamenti corporativi, però finché ci sono bisogna fare i conti anche con loro.

In tema di accesso agli ordini professionali per i laureati triennali, la norma di riferimento è il DPR 5 giugno 2001 n. 328 , “Modifiche ed integrazioni della disciplina dei requisiti per l'ammissione all'esame di Stato e delle relative prove per l'esercizio di talune professioni, nonché della disciplina dei relativi ordinamenti”.

Le professioni considerate dal DPR 328/2001 sono: dottore agronomo e dottore forestale, agrotecnico, architetto, assistente sociale, attuario, biologo, chimico, geologo, geometra, ingegnere, perito agrario, perito industriale, psicologo.

Il DPR 328/2001 prevede, all'interno degli albi professionali, l'istituzione di 2 sezioni distinte in ragione del titolo di studio: la sezione A destinata ai possessori di laurea specialistica, e la sezione B destinata ai possessori di laurea triennale.

Prendiamo il caso degli ingegneri. Le facoltà di ingegneria anticiparono la riforma rispetto alle altre e quindi si dispone di qualche dato di confronto.

Il DPR 328/2001 prevede che ai così detti “ingegneri junior” possano essere affidate «la progettazione, la direzione dei lavori, la vigilanza, la contabilità e la liquidazione relative a costruzioni civili semplici, con l'uso di metodologie standardizzate», oppure ancora «le attività che implicano l'uso di metodologie standardizzate». Ma cos'è un progetto semplice? Cos'è una metodologia standardizzata? In altre parole, come sapere se un ingegnere junior è o non è abilitato a firmare un certo progetto?

Questa incertezza scoraggia i committenti dall'affidarsi ad ingegneri junior, per evitare il rischio di vedersi bocciato il progetto in quanto firmato da una persona priva di titolo. Ma scoraggia anche i giovani ingegneri ad iscriversi alla sezione B dell'albo: dalle 2004 unità del 2002 sono scesi alle 1661 unità del 2004.

In conclusione, la laurea triennale come canale d'accesso al mondo delle professioni è – fin'ora – un fallimento.

La stragrande maggioranza dei laureati di primo livello sembra decisa a evitare il problema, se è vero che il 70% non si ferma al titolo triennale ma si iscrive alla laurea specialistica.

Tratto da: UNIMAGAZINE
a firma di Gino Rinciotti

pt/2010

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