mercoledì 31 agosto 2011

LA RIFORMA DELLE PROFESSIONI E' IL NOSTRO DOMANI: I PERITI AGRARI ATTORI DEL PROGETTO. di Mario Braga

 Riforma delle Professioni Intellettuali
  di Mario Braga


Cari Colleghi
in questi giorni vengo sommerso di E-Mail, messaggi, telefonate di professionisti che manifestano tutta la loro preoccupazione in merito all’attacco “frontale” messo in atto dalle parti sociali, dal governo e da ampi strati del parlamento contro “alcune” professioni intellettuali.
La nostra, ovviamente, non è immune da questo tentato stillicidio.
Come posso non condividere questa preoccupazione. Chi per anni si è impegnato per rafforzare e rendere più solida la nostra categoria non può non sentire tutto il peso di questa negativa azione che sappiamo venire da lontano.


Le numerose iniziative, ufficiose e ufficiali, messe in atto n questo periodo per contrastare “quest’invasione” hanno certamente determinato un clima surriscaldato. Dobbiamo riconoscere che un primo risultato positivo è stato raggiunto in sede di approvazione della manovra economica, visto che l’articolo che ci coinvolgeva è stato “rimosso”. Ma forse è stato solo un rinvio e non un’arresa.
Iniziative che però, giorno dopo giorno, vengono superate da prese di posizione del Parlamento, del Governo, delle forze sociali e da un diffusa percezione che sembrano additare alle professioni intellettuali la responsabilità del dissesto economico del nostro Paese.


Ed allora credo sia doveroso che anche la nostra categoria debba attrezzarsi per affrontare questi nuovi “avversari”. Non certo per combattere su un terreno di resistenza del consolidato, ma per affermare il progetto di una società che si costruisca sul riconoscimento dei suoi interlocutori.


Attrezzarsi significa, innanzitutto, modificare profondamente i nostri comportamenti di rappresentanza. Non possiamo soffermarci alla mera tutela burocratica dell’esercizio della professione, se le proposte di riforma si sono spinte già oltre.
Bisogna immergersi ed immettersi nel nuovo terreno e ricominciare l’azione di dissodamento e di preparazione alla nuove colture.
L’ho già detto e lo ripeto, chi intende dissolvere larga parte del patrimonio ordinistico italiano deve essere consapevole che se ciò avverrà verranno indebolite le condizioni di moderne relazioni economiche e sociali, fondamento indispensabile per “organizzare e governare” una moderna ed evoluta società.


Il mio pensiero è rivolto soprattutto alle forze sindacali e alle organizzazione economico-produttive in quanto penso che la destrutturazione delle professioni intellettuali sta al risparmio economico come la liberazione della rappresentanza sindacale sta ad un moderno modello di nuove relazioni sindacali. Ed i benefici che vengono evocati che dovrebbero derivare dalla liberalizzazioni senza regole delle professioni intellettuali, saranno arsi sull’altare di negatività che si scaricheranno sull’intera società.


Attaccare le libere professioni, incolpandole di un sistema prestativo incoerente e caro, assume il significato fuorviante e forse strumentale del “problema” italico. Se riforma va fatta è quella che dovrebbe sopprimere un ramo del Parlamento. Si diminuirebbero i parlamentari e si modernizzerebbero gli strumenti decisionali legislativi.
Attaccare le professioni intellettuali significa guardare in direzione opposta di quell’orizzonte a cui tutti dovremmo tendere per riavviare le qualità della nostra società.
Significa cioè intraprendere un percorso diverso da quello che, pur con fatica, ci porterebbe a quella vetta che ci permetterebbe di valicare questo difficile momento.
Se il problema è la “rigidità” del sistema di Ordini e Collegi Professionali se ne parli, ma questo non determinerà alcuna modifica del “valore” di garanzia qualitativo della prestazione intellettuale.
Se, invece qualcuno intende, invocando una pseudo liberalizzazione, ingabbiare uno dei “pilastri” della nostra società, sappia che ha sbagliato strada.


Ed allora cosa fare?
Non credo che le strade siano molte.
Come Don Abbondio ci si ritrova sempre davanti ad un bivio.
Possiamo continuare ad “accodarci” alla forza rappresentativa altrui, alzando anche la nostra voce. Unirci in coro fra Ordini e Collegi ci aiuta certamente ad avere una voce più chiara e forte, anche se ne indebolisce un’altra, che non ho mai condiviso, quella del CoGePaPi.
Oppure potremmo farci promotori di una NOSTRA INIZIATIVA che metta sul tavolo tutti i tasselli di un mosaico che vogliamo rinnovato e di elevata qualità.


Una nostra proposta che coinvolga tutti gli Ordini e Collegi Italiani che volga il proprio orientamento ad un NUOVO MODELLO DEL SISTEMA ORDINISTICO ITALIANO, suddiviso per macro aree di competenza.
Quest’ultima condizione “vincolata” al ruolo “pubblico” che alcuni Ordini e Collegi svolgono.
Siamo chiamati a porci nello stesso percorso di chi, invece, come noi opera, nel contesto dell’economia e della società.
Non m’illudo che sia facile intraprendere iniziative che dicano al “Paese” dove ci si vuole collocare per svolgere competenze funzionali ad un modello di società libera, razionalmente e armonicamente organizzata.
Funzioni volte a rendere razionale, comprensibile, applicabile e semplificata la burocrazia del nostro Paese.
E su questo terreno, abbiamo il compito di coinvolgere le forze sindacali e le organizzazioni economico produttive italiane e con loro stringere un “Patto di Sviluppo per l’Italia”.
Continuo ostinatamente a credere che dalle guerre di trincea non rimarrà sul terreno altro che macerie (il nostro Paese).
Una scuola storica l’abbiamo davanti agli occhi ed è rappresentata da quell’Unione Europea che grazie a uomini ispirati ha saputo mettere allo stesso tavolo vinti e vincitori di una immane tragedia conflittuale.
Un ultima considerazione, con la solita amarezza che la contraddistingue.
Saremo all’altezza del compito?


Qui purtroppo mi fermo, perché ben conoscete il mio “giudizio” della nostra rappresentanza categoriale che continuo a definire informe e inqualificabile.
Dovremo pertanto, attendere le elezioni perché un ciclo si chiuda e se ne apra un altro con il contributo di tutti.
Proprio di tutti.
Di quelli che la pensano in un modo o in modo diverso.
La ricchezza delle categorie non si genera nei meandri delle segrete, o nella pseudo riservatezza, accentratrice presidenziale, ma nelle piazze del pensiero … del libero pensiero.
Quel pensiero che l’attuale gestione ha relegato ad un assoluto silenzio, forse perché incapace di sostenere merito e sostanza di un nuovo progetto che ridia certezze e speranze ai nostri Periti Agrari e Periti Agrari Laureati (Esperti Agrari).



2 commenti:

  1. Una lacrima!

    Come sempre nel leggere il Braga, immancabilmente mi scende una lacrima!

    Speriamo che raccolga la sua prosa in un nuovo volumetto; penso che le Edizioni Paoline siano anche interessate.

    In questo periodo "elettorale" tutto fa bene per rasserenare gli animi e meglio prepararsi al futuro del "rinnovato" CNPA!

    Buona ripresa del lavoro a tutti!

    Vittorio T.

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  2. Caro Vittorio T.,
    sempre meglio le Edizioni Paoline che la casa editrice della rivista bimestrale Il Perito Agrario.
    E senza fare tanto i saputelli, meglio uno che ne sa e che ha stile come Braga che uno come Bottaro.
    La differenza è sotto gli occhi di tutti.
    Forse l'unico che non se ne è ancora accorto sei tu.
    Mi sa che ti stai rodendo dall'invidia, eh!
    Azzaludi
    Giovanni

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