giovedì 17 giugno 2010

QUEL MINIMO DI BUON SENSO..........

Siamo sempre alle solite.


Siamo proprio il paese dei mille (e più) campanili.

Oltre che campanili, direi anche molini.

Qui tutti sono indaffarati nel portare acqua al proprio molino.

Senza rendersi conto, però, che l'acqua è un bene comune e come tale dovrebbe essere trattato da tutti.

A meno che non si voglia fare come i politici che ora cercano anche (se non l'hanno già fatto) di privatizzare l’acqua.

Liquidi a parte, mi hanno sempre insegnato che se si vuole mantenere la democrazia in un paese, stato o nazione, non bisogna mai privatizzare completamente due servizi pubblici: la sanità e l'istruzione.

In quanto ogni cittadino ha diritto a farsi curare e ad istruirsi.

Venendo proprio all'oggetto della discussione, ossia l'istruzione, ci troviamo in un momento di leggera e comprensibile confusione.

In fin dei conti gli interessi che ci sono sotto sono molti, sebbene toccano solo due mondi: quello dell'istruzione e quello delle professioni.

La questione, infatti, potrebbe essere vista con le due prospettive di tali settori.

E' imprescindibile il fatto che ognuno di essi debba fare il proprio mestiere. E altrettanto imprescindibile che ci si debba venire incontro.

Altrimenti il rischio grosso è il risultato che si è avuto con la riforma universitaria antecedente a quella delle professioni: ovvero l'aver partorito l'idea malsana delle lauree triennali senza aver studiato precedentemente il collocamento degli studenti, una volta laureati, nel mondo delle professioni.

Ora ci ritroviamo a che fare con una riforma delle professioni dove, che che se ne dica, il grosso del contendere tra Ordini, da una parte, e Collegi, dall'altra, è costituito proprio dall'accaparramento tra le proprie file in maniera monopolistica dei laureati triennali.

Ora, perché di problemi ce n'erano già pochi, ci si mette anche l'interpretazione della riforma Gelmini.

Cosa possono fare i diplomati della scuola secondaria superiore una volta conseguito il titolo di studio?

Per iscriversi agli albi professionali devono anche conseguire, quanto meno, la laurea triennale?

E' un problema di non poco conto, non tanto per degli anni in più dediti allo studio, che, anzi, fanno sempre bene, salvo per i testoni (cioè le teste dure) e per coloro che amano rimanere nell'ignoranza.

Per fortuna in Italia c'è chi ha avuto il coraggio di andare oltre e, anzi, in maniera preventiva.

L'Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili, ovvero l'albo unico dell'ex Ordine dei Dottori Commercialisti e dell'ex Collegio dei Ragionieri e Periti Commerciali, ha anticipato la riforma scolastica della Gelmini, nonché la riforma delle professioni.

Come si suol dire, con una fava ha preso due piccioni.

Infatti nell'albo unico esistono due figure che sono state classificate in due sezioni.

La sezione A dei Dottori Commercialisti, alla quale possono accedere solo coloro che sono in possesso della Laurea Specialistica, e la sezione B degli Esperti Contabili a cui accedono solo coloro in possesso di una Laurea Triennale.

In sostanza: per l'accesso all'albo unico il diploma di scuola media superiore non serve più a niente.

Chi vuole iscriversi deve passare attraverso l'Università.

Questo che piaccia o no.

Giusto o sbagliato?

Ad ognuno la risposta che più piace.

In ogni caso non è questa la domanda che ci si deve porre.

Semmai quella di perché l'hanno fatto.

E anche qui le risposte possono essere le più disparate.

Certamente ciò che non è ancora molto chiaro è, nel nostro caso, che fine faranno i diplomati della riforma Gelmini. Potranno ancora iscriversi al nostro albo professionale?

Se vogliamo analizzare concretamente la situazione non si può che partire dal fatto che tutte le categorie professionali stanno cavalcando ipotesi di riforma delle professioni con un approccio più conservatore che liberista.

Ma questo non poteva essere altrimenti. Viviamo in un paese dove ci sono lobbies in tutti i settori, nessuno escluso. E ciascuna lobby il minimo che può fare è il proprio interesse e, al contempo, rinunciando, però, alla libertà.

Basta leggersi l'articolo di Angelo Panebianco sul Corriere della Sera di ieri (http://www.ilpredellino.it/online/component/content/article/78-articoli/2760-quella-liberta-che-non-piace?tmpl=component&print=1&page=) e quello di Sergio Soave su Italia Oggi (http://www.italiaoggi.it/giornali/dettaglio_giornali.asp?preview=false&accessMode=FA&id=1663527&codiciTestate=1&sez=hgiornali) per capire come noi italiani stiamo vivendo dentro una camicia di forza rappresentata dagli interessi portati avanti da quei pochi che attraverso le loro “caste” legalizzate condizionano la vita di tutti gli altri.

E' quindi pressoché inutile sperare in una liberalizzazione del sistema ordinistico. Troppi gli interessi, troppi gli intrecci.

E allora?

Non rimane che guardare a coloro che hanno sapientemente e argutamente portarsi avanti nel futuro: i professionisti dell'economia e dell'impresa, ovvero gli ex Dottori Commercialisti e gli ex Ragionieri e Periti Contabili.

Essi hanno concentrato in unico albo (in senso verticale) le competenze del polo economico-fiscale-tributario.

E la loro scelta è stata avveduta, visto che non hanno nemmeno dovuto guardare alla riforma Gelmini. L'hanno saltata a pie pari.

Ci sarebbe una soluzione dello stesso stile adottabile pure da noi?

Certo che sì: quella di concentrare in unico albo le competenze che riguardano i settori dell'agricoltura, delle foreste, dell'alimentazione, della zootecnia, dell'ambiente e del verde.

Un unico polo delle professioni agro-ambientali, al quale possano accedere in futuro: i Dottori Agronomi e Dottori Forestali con la Laurea Specialistica, e i futuri diplomati delle scuole superiori (gli attuali Periti Agrari ed Agrotecnici) con la Laurea Triennale.

E' l'unica strada possibile percorribile a cui si deve lavorare. E ovviamente aperta anche ad altre categorie professionali, come, ad es., i Tecnologi Alimentari.

Qualsiasi altra ipotesi rimane solo un escamotage che si infrangerà con le riforme di tutte le altre categorie. Ingegneri in testa.

Se ci pensiamo bene, in un colpo solo si otterrebbe che i Dottori Agronomi e Dottori Forestali non avrebbero più il problema degli Agronomi junior e Forestali junior (che, rispetto ai laureati, si sono iscritti in numeri da fame), i laureati triennali non avrebbero più il problema di decidere dove iscriversi (se all'Ordine o ai Collegi), i Periti Agrari e gli Agrotecnici non avrebbero più da farsi la lotta per le competenze professionali visto che dovendo andare tutti all'università poi avranno la medesima preparazione e formazione triennale nonché le attuali competenze degli Agronomi junior e Forestali junior.

Meglio di così? Inoltre si otterrebbero solo due livelli con la sezione A (per i laureati specialistici) e la sezione B (per i laureati triennali), rispetto agli attuali 4 livelli (laureati specialistici, laureati triennali, diplomati tecnici, diplomati professionali).

Senza poi contare il fatto che tale albo unico avrebbe competenze esclusive nei propri settori, senza più quei falli a gamba tesa che ogni giorno si ricevono dai professionisti delle altre categorie (geometri, ingegneri, ecc.).

Un esempio su tutti: quello del geometra nel campo delle perizie grandine. Che cavolo c'entra? Solo perchè ha fatto estimo.

Ma quando mai un geometra studia patologia vegetale, entomologia agraria, fitoiatria, malerbologia, ecc.

Certamente sono diecimila volte più competenti gli agrotecnici, sebbene non abbiano l'estimo obbligatorio nel corso di studi.

Anche un bambino, se gli insegna, capisce quant'è il procento di danno su una coltura colpita da un'avversità atmosferica.

Quanti sono invece i geometri che conoscono i parassiti delle piante (miceti, insetti, batteri, virus, micoplasmosi, ecc.) e i relativi trattamenti da fare per combatterli, visto che ci sono anche danni da trattamenti errati, oppure i diserbanti e così via dicendo per le altre pratiche colturali.

E anche a livello di casse previdenziali ne potremmo beneficiare, tutti quanti, visto che si parla di tre casse partite nel 1996.

O vogliamo proprio farci del male nel metterci con quella dei geometri?

Elia Sandrini



pt/2010

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