lunedì 7 giugno 2010

SANDRINI E ORLANDI: PERITI AGRARI E AGROTECNICI ......IL CONFRONTO E IL DIALOGO C'E' !

Pregiatissimo Presidente Orlandi,


la ringrazio per la Sua gentile risposta.

Condivido pienamente la Sua argomentazione in merito alla questione COGEPAPI, anche perché il paradosso è che in tutti i Centri di Assistenza Agricola (CAA) si trovano ogni giorno ad operare professionalmente a strettissimo contatto professionisti iscritti ai tre albi professionali degli Agrotecnici, dei Periti Agrari e dei Dottori Agronomi e Forestali.

Verrebbe proprio da dire che questo aspetto, magari non previsto a priori nel progetto di legge per la costituzione dei CAA, è quello più positivo in assoluto.

Da presidente provinciale non posso che sottolineare come la totalità degli iscritti veronesi che svolgono la libera professione di perito agrario non fanno altro che evidenziare e bollare quotidianamente come un’assurdità l’unificazione con i Geometri e Periti Industriali.

Gli stessi trovano, invece, più conveniente un’alleanza o un’unione con Agrotecnici, Agronomi-Forestali e con Tecnologi Alimentari.

Ovviamente il motivo è facilmente riconducibile ad un discorso di buon senso, recepibile e comprensibile anche per i non addetti ai lavori, visto che si tratta del tipo di lavoro che svolgono gli uni e gli altri, ovvero, in una parola, delle competenze.

Orbene, magari le competenze tra le nostre categorie non saranno identiche come tra Commercialisti e Ragionieri, però, rimanendo su un livello di buon senso, di norma comune a tutti i cittadini, l’unificazione delle tre categorie tecnico-agricole (quattro con i Tecnologi Alimentari) potrebbe certamente avvantaggiare omnicomprensivamente tutti gli albi professionali in questione.

Verrebbe costituita una casa comune che rappresenterebbe agli occhi della società e delle istituzioni pubbliche un punto di riferimento univoco di alto prestigio e ancor più alto valore sociale.

D’altra parte, la storia insegna quotidianamente che le divisioni non portano vantaggi. Anzi: solo svantaggi.

E l’agricoltura italiana, come settore produttivo, ne è un grande artefice ed esempio storico della frammentazione. Specialmente a livello di rappresentanza sindacale.

E gli effetti (nefasti) di tale divisione sono sotto gli occhi di tutti e, specialmente, sopra le spalle degli agricoltori.

Lo stesso peso e importanza dell’agricoltura italiana a livello produttivo e sociale, che che se ne dica, è a livelli più bassi di tutta la storia italiana. Un esempio su tutti: quello urbanistico.

Quanto vale (non solo economicamente) il terreno agricolo? Meno di tutti gli altri!

E’ così anche all’estero?

E il perché? Semplice:

http://www.stopalconsumoditerritorio.it/

Nel 100% della gente comune che non ha nulla a che fare con l’agricoltura, ovvero nel 98% della popolazione italiana, il terreno agricolo non è visto come un organismo vivente, ma come fango, come qualcosa che si attacca alle suole delle scarpe e che sporca il pavimento di casa.

Tornando al problema divisione/unificazione, se negli ultimi 5-6 anni c’è stato un certo avvicinamento tra le sigle sindacali, un motivo certamente c’è.

Magari un’ugualità o un’eguaglianza di interessi?

Il fatto, nel caso specifico delle libere professioni tecnico-agricole, dovrebbe essere uno solo: non quello di tagliarsi una fetta più grande rispetto agli altri, ma quello di allargare e ingrandire la torta.

Ovvero quello di aumentare il lavoro, le possibilità lavorative per tutti.

E questo lo si può fare esclusivamente in una maniera: aumentando la forza contrattuale. E in quale modo ci si può arrivare se non quello di unire coloro che esprimono gli stessi interessi comuni?

La cosa che si fatica maggiormente a comprendere (ma che alla fine della fiera non è poi così difficile) è come i Presidenti Nazionali tendano a comportarsi negli interessi delle categorie con delle logiche distanti da quello che è il sentire comune della stragrande maggioranza dei loro iscritti.

Non è certamente difficile nel caso del COGEPAPI in quanto gli interessi personali sono palesemente manifesti: anche un bambino ci arriverebbe. Si sa che le sedie o poltrone nazionali verrebbero garantite per altri dieci anni dal momento in cui andrebbe in porto l’unificazione dei tre albi. Si tratta quindi di interessi esclusivamente personali e non certo delle categorie e meno ancora degli iscritti alle stesse.

Forse, però, chi sta più in alto e non guarda mai in basso rischia grosso.

A tirare troppo la corda, prima o poi …

Anche il Parlamento italiano, secondo quanto riportato da L’Espresso qualche settimana fa, ha votato recentemente all’unanimità e senza astenuti un aumento di stipendio per i parlamentari di circa 1.135 € al mese.

Vede, personalmente penso che prima o poi le cose o i fatti non detti vengono a galla, specialmente quando si tocca il fondo.

Per cui chi sta in alto e prende delle decisioni per chi sta in basso non gli conviene fare esclusivamente il proprio interesse, magari anche a danno di quelli che stanno in basso, perché, come dimostrato dalla storia, c’è sempre alla fine una resa dei conti per tutti, nessuno escluso.

Sicuramente viviamo in un’epoca in cui la parola “etica” è nella bocca di tutti e nelle mani di nessuno (o quasi).

Nell’associarmi a quanto espresso dal collega Tiraboschi, esprimo a Lei un appello affinché si possa trovare una strada (anche politico-legislativa) da percorrere assieme per la costruzione di questa casa comune delle categorie “verdi”, a difesa e tutela non solo degli iscritti delle diverse categorie, ma anche di quelle che sono le nostre risorse e fonti per il vivere quotidiano: l’ambiente, il paesaggio e il territorio agricolo e naturale.

A difesa e tutela dell’essere umano, in particolare del cittadino italiano che sta compromettendo il suo futuro con la cementificazione esasperata ed inutile, nonché con la contemporanea distruzione della forza procreatrice (la fertilità) dei migliori terreni agricoli italiani.

Inutile, infatti, continuare, mediaticamente, a premere tanto l’acceleratore sul made in Italy dei prodotti agro-alimentari, se poi la S.A.U. sparisce da sotto gli occhi, come neve al sole, a favore dell’urbanizzazione di qualsiasi genere.

A meno che il cemento non diventi un prodotto edibile, allora potremmo continuare sull’attuale strada percorsa dalla maggior parte dei Sindaci italiani dove i termini “sviluppo sociale” e “crescita economica” significano solo cementificazione.

Non è magari che la maggior parte dei Sindaci sono Geometri, Ingegneri, Architetti e magari anche imprenditori edili?

In molti problemi della società attuale vedo due cause: l’ignoranza e la pigrizia.

Entrambe portano a delegare a terzi decisioni proprie e a subire passivamente quanto deciso (o imposto) da terzi.

L’impressione non è solo quella di cervelli assopiti, ma anche di coscienze perennemente letargiche se non devitalizzate.

I rappresentanti di interessi generali e particolari, come quelli categoriali, dovrebbero sforzarsi ogni giorno di informare ed edurre i propri rappresentati al fine di permettergli di esprimere in maniera personale e critica il proprio pensiero.

Ma, purtroppo, come è successo con il COGEPAPI, questo è ormai un lusso per pochi e che pagheranno caro, in tanti, le generazioni future.

Certamente merita attenzione anche quanto scritto dal signor Vittorio T., in cui compare la parola “agrotecnici”.

RingraziandoLa dei Suoi interventi, Le porgo cordiali saluti.

Elia Sandrini

pt/2010

2 commenti:

  1. Caro Sandrini, lei ha già colto bene alcune questioni di fondo che riguardano il COGEPAPI: il congelamento delle attuali cariche dei Presidenti per almeno 7-8 anni o forse più (in attesa di sbrigare le "procedure" della fusione; il blocco delle elezioni interne (cioè di quel poco di democrazia che vi resta) per un pari periodo; l'idea sottesa che tutti i diplomati attuali diventeranno (almeno agli occhi dei terzi, che è poi quel che per molti conta) "dottori"; l'aumento surrettizio delle competenze senza che sia cambiata la formazione, ecc. ecc.
    Ma questo, mi creda, è solo fumo negli occhi, perchè non si realizzerà. Il COGEPAPI è riuscito a mettersi contro tutti, anche gli Ingegneri della Sez. B (pure maltrattati dall'Ordine), anche noi come Agrotecnici dovremo scendere in campo contro il COGEPAPI, non tanto sulla "fusione" (quello è problema loro), ma piuttosto sul pretesa di obbligare i laureati triennali ad iscriversi nel loro Albo: come lei sa già oggi il 30% dei nostri candidati agli esami è laureato (rispetto allo "zero" di fatto dei candidati agli esami delle professioni del COGEPAPI) e noi difenderemo la libertà di scegliere dei giovani laureati: essi devono poter andare nell'albo che meglio risponde alle loro esigenze.
    Su questo saremo intransigenti.
    Per il reto ni siamo assolutamenti convinti di dar vita ad un "polo" delle professioni agro-ambientali: difendere i nostri confini professionali e se possibili espanderli; dare servizi comuni, più efficenti e meno costosi. Questa è la nostra linea.
    La sua categoria a livello nazionale non ha mai voluto collaborare con noi, apparentemente contro ogni logica. Io però una logica la vedo: collaborando insieme, visto che facciamo le stesse cose, tutti avrebbero visto le nostre diverse "performance": il molto che riusciamo a fare noi con poco; il poco che fate voi avendo od avendo avuto molto. Ed i costi relativi.
    E ciascuno avrebbe tratto le conseguenze.
    Meglio, allora, non fare questo confronto! Lei non lo trova logico?

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  2. Certamente Presidente.
    Condivido su tutta la linea.
    A parte gli obbiettivi dei tre Consigli Nazionali (che rimarrebbero in carica per ben 10 anni, ripeto DIECI ANNI, e non 7-8), purtroppo noi iscritti periti agrari abbiamo dovuto soffrire per molti problemi legati a scelte fatte a Roma che ci hanno portato, non ultimo, ad un drastica e pesante perdita di iscritti negli ultimi 20 anni.
    Come avrà avuto occasione di leggere altri articoli su questo blog (e anche di intervenire), i problemi per la nostra categoria sono davvero tanti e li stiamo vivendo tuttora. Ma le cause non sono da ricercare solo a Roma. Un po’ come succede quando una coppia si separa: la colpa non è mai di uno solo.
    Purtroppo diversi nostri rappresentanti locali soffrono di forte miopia, prossima alla cecità. E questo ha contribuito e contribuisce allo stato di salute in cui ci troviamo.
    Ma visto che non c'è peggior sordo di chi non voglia sentire, bisogna andare avanti costruendo oggi il futuro. Specialmente per i giovani.
    E il "polo" delle professioni agro-ambientali è assolutamente un'idea non solo da condividere ma da costruire il prima possibile.
    Penso che dalla parte della nostra categoria un certo numero di Collegi Provinciali disponibili alla costruzione di una riforma professionale volta alla creazione del polo ci sia.
    Il fermarsi dietro alle etichette non ci porta da nessuna parte. Anzi non può altro che bloccare e mantenere lo status quo.
    Sappiamo tutti chi siamo: la dignità delle persone come delle categorie a cui si appartiene è imprescindibile. L'unione non può altro che valorizzarle di più e qualificarle ulteriormente agli occhi di tutti.
    Sicuramente sulla strada ci saranno denigratori, invidiosi, demolitori, ecc.
    Ma fissati gli obbiettivi comuni, non rimane che raggiungerli, con i tutti dovuti sforzi.
    Certamente non possiamo aspettare Roma, vista che la strada che sta seguendo è totalmente differente.
    Cordiali saluti,
    Elia Sandrini

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